Nella grande maggioranza dei casi le manovre in porto si effettuano combinando segmenti percorsi a marcia avanti con altri percorsi a marcia indietro. E’ quindi necessario acquisire un completo controllo delle due andature nonché della transizione dall’una all’altra, che presenta alcune criticità.
L’andatura a marcia avanti non presenta particolari difficoltà purchè si abbia presente quanto detto nel capitolo precedente riguardo agli effetti del timone ed al centro intorno al quale la barca gira durante l’accostata (così è detta la “curva” delle barche). In particolare bisognerà sempre prevedere uno spazio libero sufficiente sul lato opposto a quello verso cui si accosta, destinato allo “scodamento” della poppa spinta dal timone.
Inoltre, considerato che il timoniere si trova generalmente in posizione molto arretrata rispetto all’asse intorno cui ruota la barca, questi sarà portato ad iniziare l’accostata quando il suo punto di vista si troverà nel punto dove desidera che abbia inizio la traiettoria curva. Il che comporterà un inizio della accostata ritardato poiché il centro di rotazione della barca è già diversi metri più avanti. Pertanto, a marcia avanti, l’inizio della accostata dovrà essere anticipato rispetto a quanto verrebbe istintivo.
Nell’andatura a marcia indietro, entrambi questi comportamenti cambiano sensibilmente: lo “scodamento” in curva (questa volta della prua) è molto meno pronunciato, sia perché l’asse di rotazione della barca è posto anteriormente al centro barca, sia perché la forma più rastremata della prua rispetto alla poppa ne limita la sporgenza laterale. Ciononostante deve comunque essere previsto un margine di spazio opportuno all’esterno della accostata, ancorché molto inferiore. In questo caso, però, si aggiunge la difficoltà che la prua non è ben in vista, non solo in quanto più lontana ma anche perché lo sguardo del timoniere sarà evidentemente rivolto nella direzione di marcia, cioè indietro. L’atteggiamento più opportuno in questa situazione consiste nel pianificare preventivamente la linea di accostata, lasciando uno spazio esterno apprezzato con l’esperienza che ci permetta in sicurezza di non dover più voltare lo sguardo per sorvegliare il comportamento della prua durante l’accostata.
La misura esatta di questo spazio va determinata sperimentalmente per ogni barca e sarà sempre la stessa; si può stimare che un’acqua libera di due metri dal baglio massimo sul lato esterno, consenta ad una barca di 12mt. la più stretta accostata possibile a marcia indietro senza che la prua possa urtare ostacoli.
Riguardo al punto in cui iniziare l’accostata, qui vale il contrario di quanto detto in precedenza: il timoniere si trova in posizione molto avanzata rispetto all’asse intorno cui ruota la barca, quindi sarà portato ad iniziare l’accostata quando il suo punto di vista si trova nel punto in cui desidera che inizi la traiettoria curva. Il che comporterà un inizio della accostata anticipato, poiché il centro di rotazione della barca deve ancora arrivare in quel punto. Pertanto, a marcia indietro, l’inizio della accostata dovrà essere ritardato rispetto a quanto verrebbe istintivo.
Esaminiamo ora le fasi di transizione dalla marcia avanti alla marcia indietro: innanzi tutto, per i motivi visti finora, la marcia indietro comporta reazioni della barca più complesse e anche timonieri esperti traggono vantaggio da una fase di “familiarizzazione” ancorché brevissima. Quindi è sempre raccomandabile prolungare artificialmente i tratti a marcia indietro, andando ad invertire la marcia più lontano dello stretto necessario; si avrà così più tempo per riallineare la traiettoria e per riacquistare la piena destrezza di manovra nelle nuove condizioni.
L’inversione di marcia deve avvenire, per quanto possibile, in acque libere e senza ostacoli nelle prossimità. Questo perché inevitabilmente vi sarà una fase durante la quale la barca è ferma e quindi priva di ogni controllo. In questa fase vento, corrente, inerzia rotazionale e turbolenza dell’acqua causata dall’elica stessa, possono causare movimenti dello scafo non contrastabili col timone, momentaneamente inefficace. Ricordiamo in proposito che il flusso generato dall’elica a macchine indietro non investe il timone, il quale quindi, a barca ferma, si trova in acqua ferma.
Per minimizzare la turbolenza dell’acqua sotto lo scafo ed i conseguenti comportamenti indesiderati, devono essere evitate “smotorate” in questa fase, oltre a tutto poco eleganti. La miglior tecnica di manovra della macchina durante l’inversione di marcia consiste in una fase prolungata di “macchine indietro” a giri costanti (di poco superiori al minimo), che ha inizio durante l’ultima fase di marcia avanti e ha termine dopo aver acquisito l’abbrivio ritenuto adeguato a marcia indietro, senza nel frattempo intervenire sull’invertitore.
Vi è ancora un elemento di cui tener conto per eseguire una corretta inversione di marcia: come abbiamo già visto, fra il momento in cui l’abbrivio in avanti sta terminando e quello in cui se ne sia acquistato a sufficienza all’indietro, il timone è inefficace.
Durante questa fase, però, la macchina è attiva all’indietro e conseguentemente l’elica genera effetto evolutivo, facendo ruotare la barca sul suo asse. La barca ripartirà quindi all’indietro in una direzione diversa da quella da cui proveniva. Nel disegno si è considerata l’ipotesi di una barca con elica destrorsa; nel caso di elica sinistrorsa ovviamente la barca sarebbe ruotata nel senso opposto.
Per evitare ciò è necessario provvedere ad una corrispondente rotazione della barca in senso opposto un attimo prima che la stessa si fermi, con timone ancora attivo. L’angolo di questa pre-rotazione sarà determinato sperimentalmente per ogni barca e sarà sempre lo stesso purchè si effettui l’inversione di marcia con la stessa velocità di rotazione del motore. In via indicativa la rotazione per effetto evolutivo in una inversione di marcia eseguita con perizia sarà di 10-20° con trasmissioni in linea d’asse e di 0-5° con trasmissioni tipo Sail Drive.
La transizione dalla marcia indietro alla marcia avanti è molto meno complessa, sia perché termina con una andatura (in avanti, appunto) cui il timoniere è più avvezzo, sia in quanto la fase in cui il timone è inattivo praticamente non è avvertibile perché nella fase in cui la barca è ferma o quasi ferma, la macchina è attiva in avanti e il flusso generato dall’elica investe il timone conferendogli comunque una certa capacità di manovra. La sensibilità del timoniere deve concentrarsi per cogliere il momento in cui il flusso sul timone si inverte, dall’indietro generato dal movimento della barca all’avanti generato dall’elica. Evidentemente in quel momento si invertirà anche la spinta evolutiva generata dal timone. Riguardo alla corretta manovra della macchina valgono esattamente le stesse considerazioni fatte nel caso precedente, con la sola differenza che in questo caso potrebbe essere opportuno utilizzare un po’ più di spinta (diciamo +10/20% di giri motore) per aumentare la velocità del flusso sul timone rendendolo più efficace. In genere non è il caso di preoccuparsi dell’effetto evolutivo dell’elica in quanto, per i motivi già visti, è compensabile col timone.